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Cenni Storici
Durante il periodo romano Gaeta divenne un luogo di villeggiatura molto
rinomato, frequentato da imperatori, ricchi patrizi, consoli e famosi
senatori dell'epoca. Per favorire la loro venuta fu costruita una nuova
strada romana, la Via Flacca, più breve rispetto all'Appia. Il suo
territorio, al confine tra Lazio e Campania, era situato in epoca
preimperiale all'interno di quell'area geografica denominata Latium
adjectum (Latium Novum). Tale nome era riferito ai territori "aggiunti"
al Latium vetus (Latium antiquum) in seguito alle prime conquiste di
Roma verso Sud, con la conseguente scomparsa di altri popoli preromani
(Volsci, Equi, Ernici e Ausoni). Del periodo romano restano
visibili molte vestigia, come ad esempio il Mausoleo che sorge sulla
sommità di Monte Orlando di Lucio Munazio Planco, console romano,
prefetto dell'Urbe, generale di Giulio Cesare (attraversò con lui il
fiume Rubicone, fu al suo fianco nelle campagne galliche) di Marco
Antonio e di Ottaviano detto Augusto.
Le prime notizie del castello risalgono al VI secolo nella guerra
contro i Goti, nel X secolo se ne fa cenno all'interno delle carte del
Codex diplomaticus cajetanus, ma notizie certe della sua esistenza si
hanno solo nel XII secolo.
Già nel IX secolo Gaeta si rese autonoma dall'autorità imperiale
bizantina e nell'anno 839 la carica di Ipato venne assunta da
Costantino I, figlio del conte Anatolio (capostipite della famiglia
Caetani) e di fatto primo sovrano di Gaeta riconosciuto. Il Ducato di
Gaeta conquistò gradualmente la sua indipendenza e restò in vita per
oltre due secoli, nel corso dei quali Gaeta ebbe una propria solidità
militare, un'autonomia politica, un'autonomia giurisdizionale, dei
propri istituti giuridici civici, una propria moneta (il "follaro") e
un considerevole sviluppo economico attraverso i traffici commerciali
marittimi.
Nel periodo che va dall'839 al 1140 Gaeta può essere considerata a
pieno titolo anche una Repubblica Marinara. I gaetani difesero le loro
libertà e l'indipendenza del ducato attuando una saggia e talvolta
spregiudicata azione politica e militare. Risultarono in tal senso
rilevanti le alleanze stipulate con i principali Stati autonomi del
meridione d'Italia per combattere le continue scorrerie saracene, ma
anche i patti stipulati con gli stessi musulmani per la difesa del
ducato dalle mire espansionistiche del papato.
Con la dominazione spagnola, iniziata nel 1504, lo Stato unitario del
Sud Italia, nato nel 1140 in seguito alle conquiste di re Ruggero II,
perse per la prima volta la sua indipendenza divenendo un vicereame,
ciononostante il ruolo di "piazzaforte" di Gaeta fu ancor più
accentuato e la città fu dotata su ordine di Carlo V di nuovissime
fortificazioni bastionate, alle pendici del Monte Orlando, aggiornate
contro le ultime e più potenti armi da fuoco.
Nel 1571 si radunò nel porto di Gaeta la flotta pontificia che, al
comando dell'ammiraglio Marcantonio Colonna, salpò il 24 giugno 1571
per unirsi al resto della flotta cristiana, comandata da don Giovanni
d'Austria, per combattere i saraceni. Il comandante della flotta
pontificia aveva ricevuto il 20 giugno 1571 dal Papa San Pio V lo
Stendardo di Lepanto, realizzato in seta, che doveva essere issato
sulla nave ammiraglia pontificia.
L'ammiraglio Colonna nella Cattedrale di Gaeta, davanti a Sant'Erasmo,
protettore dei marinai e veneratissimo patrono della città, fece voto
che se avesse vinto avrebbe donato lo Stendardo di Lepanto alla stessa
Cattedrale e lo avrebbe posto ai piedi del santo. La battaglia
navaletra la flotta della "Lega Santa" e la flotta dell'Impero ottomano
ebbe luogo il 7 ottobre 1571 a Lepanto e fu vinta dalle forze
cristiane. Al suo ritorno in Gaeta Marcantonio Colonna mantenne fede al
giuramento fatto e oggi lo stendardo è esposto nel museo diocesano.
Nel 1734 Gaeta fu conquistata da Carlo III di Borbone, fondatore del
ramo napoletano della dinastia dei Borbone. Con Carlo III il Regno di
Napoli riconquistò dopo 230 anni la sua indipendenza tornando ad essere
lo Stato-Nazione più esteso e importante della penisola.
Il 25 novembre 1848 il papa Pio IX si rifugiò a Gaeta, ospite di re
Ferdinando II di Borbone, in seguito alla proclamazione della
Repubblica Romana ad opera di Giuseppe Mazzini, e vi rimase fino al 4
settembre 1849, periodo durante il quale Gaeta fu sede istituzionale e
capitale "de facto" dello Stato della Chiesa, rappresentando il massimo
centro di riferimento politico-religioso di tutto il mondo della
cristianità. E fu proprio durante questo soggiorno che papa Pio IX,
secondo la tradizione illuminato dallo Spirito Santo durante le sue
preghiere presso la Cappella d'Oro, decise di scrivere l'enciclica Ubi
Primum con cui interrogava l'Episcopato cattolico sulla opportunità di
proclamare il Dogma dell'Immacolata Concezione, cosa che avvenne al suo
ritorno a Roma.
Il 13 febbraio 1861 Francesco II di Borbone si arrese a Gaeta, ultimo
baluardo del suo regno, capitolando, dopo 102 giorni di bombardamenti,
all'assedio delle truppe sabaude del generale Enrico Cialdini (assedio
di Gaeta 1860-1861): cessò così di esistere il Regno delle Due Sicilie.
Il Borgo di Gaeta, frazione di Gaeta fuori le mura, con Regio Decreto
del 15 marzo 1897, diventò comune autonomo sotto la spinta decisiva di
una sua ristretta ma influente cerchia di esponenti liberali. Prese il
nome di "Comune di Elena" in onore dell'allora principessa Elena,
futura regina d'Italia. Trenta anni dopo, esattamente con Regio Decreto
del 17 febbraio 1927, i Comuni di Gaeta e di Elena vennero nuovamente
uniti sotto il nome Gaeta. Il Borgo si identifico' quindi come rione
Porto Salvo, mentre la parte della città fortificata come rione
Sant'Erasmo.
Sempre nel corso del 1927, precisamente il 6 febbraio, Gaeta perse
l’antica e famosa qualifica di piazzaforte per diventare un'importante
base della Marina Militare italiana, più in particolare essa ando' a
costituire la principale base navale del Mar Tirreno insieme al porto
di La Spezia.
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Itinerario Gaeta
GAETA: città antichissima tanto che, secondo la leggenda, il suo nome deriva dalla
nutrice di Enea. L’immaginario collettivo, spesso, la colloca in mezzo
al mare facendone un’isola per via del famoso carcere militare.
Gaeta non è un’isola ma una penisola splendidamente adagiata sul
mare. E’ anche una città ricca di storia: ducato
autonomo nonché gloriosa Repubblica marinara, inglobata poi nel Regno
borbonico di cui sarà ultimo baluardo prima dell’Unità d’Italia. Numerosi
gli itinerari di visita: il Santuario della Montagna
Spaccata, celebre per la miracolosa spaccatura; la città
vecchia con le sue porte e le sue chiese che oltre ad essere
importanti luoghi di culto, sono piccole pinacoteche; il museo
diocesano che rappresenta la più grande raccolta di arte di tutto
il Lazio sud; il percorso storico naturalistico di Monte
Orlando dove tra la macchia mediterranea e le falesie spuntano le
polveriere e le batterie di epoca borbonica. Si può
inoltre vedere Gaeta dal mare: comode ma non troppo grandi imbarcazioni
permettono di fare il giro delle 7 spiagge, dell’oasi blu e
di vedere il promontorio con spettacolari spaccature a picco sul mare.
ITINERARIO CLASSICO
Visita
al Santuario della Montagna Spaccata celebre per la miracolosa
spaccatura e alla grotta del Turco. Proseguimento per il centro
storico: le antiche porte, il Santuario dell’Annunziata con l’annessa
grotta d'oro, il castello angioino-aragonese (esterno), il duomo con il
suo affascinante campanile.
ITINERARIO STORICO-NATURALISTICO
Passeggiata
a piedi sul promontorio di Monte Orlando (Parco Regionale Riviera
di Ulisse): la Montagna Spaccata, la macchia mediterranea, le falesie a
picco sul mare, le batterie e le polveriere borboniche, il mausoleo di
L. Munazio Planco.
ITINERARIO ARTISTICO
Il
centro storico con il museo diocesano: opere di artisti vari tra cui
Luca Giordano, Quentin Metsys, Francesco Solimena e lo Stendardo di
Lepanto; rarissimi Exultet di scuola beneventana; libri corali.
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La Montagna Spaccata
è sicuramente uno dei luoghi più suggestivi di
Gaeta, frequentato ogni anno da turisti che vengono colti dalla magia
delle tre fenditure del promontorio. E’ un luogo che racchiude in sé un
vero e proprio itinerario. Il Santuario della SS. Trinità, costruito
nell’XI secolo, è rinomato nella storia perché qui vi pregarono
numerosi pontefici, tra cui Pio IX, sovrani, vescovi e santi, tra cui
Bernardino da Siena, Ignazio di Loyola, Leonardo da Porto Maurizio e
San Filippo Neri.
La leggenda vuole che San Filippo Neri avesse vissuto all’interno della
Montagna Spaccata dove esiste un giaciglio in pietra nota ancora oggi
come “Il letto di San Filippo Neri”.
Lungo le pareti della roccia, è possibile ammirare i riquadri in
maiolica delle postazioni della Via Crucis, in parte restaurate,
risalenti al 1849 e attribuite a S.Bernardino da Siena, contenenti i
versi del Metastasio.
Ovviamente il percorso prevede anche la visita della suggestiva “Grotta
del Turco”, collegata sia ad un’antica tradizione religiosa secondo cui
venne alla luce al tempo della morte di Cristo, quando si squarciò il
velo del tempio di Gerusalemme, sia a diverse credenze popolari. Fra
queste, ci sarebbe l’impronta della mano di un marinaio turco su una
roccia.
Lungo la scalinata che porta nelle viscere della montagna, lungo la
stretta spaccatura di roccia, sulla destra, si può osservare una
iscrizione in latino e sopra di essa, un’ inquietante impronta di una
mano traslucida impressa nella roccia, che la leggenda vuole sia
appartenuta ad un marinaio turco . Il miscredente era da non cristiano,
scettico sull’origine sacra delle spaccature della montagna, ma non
appena appoggiò,baldanzoso, la mano sulla roccia, questa, secondo la
tradizione, si liquefò all’istante come cera sotto le sue dita,
lasciando così l’impronta nitida della mano e delle 5 dita che ancora
adesso è possibile vedere. Visto il contesto naturale, non è da
escludere che nella grotta, nei tempi del Medioevo, siano approdate
navi di pirati saraceni che trovavarono rifugio tra le fenditure di
questo strategico promontorio, pronti ad attaccare di sorpresa le navi
in transito, al fine di depredarle dei loro carichi.
Alla fine del percorso si trova anche un giaciglio in pietra, dove
soleva ritirarsi in meditazione S.Filippo Neri. Nel 1434 un probabile
terremoto determinò la caduta di un grosso macigno che si incastrò
all’interno di una delle fenditure del monte: su questa venne eretta
una cappella, da cui si può godere di uno splendido colpo d’occhio, sia
sul mare circostante, che sull’altissima falesia di oltre 150 metri
visibile dalla terrazza.
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